Qui devo fare un mea culpa grande come una casa. Ma un passo per volta.
“Ciao sono Matteo e ho 6 anni. Ieri ero a scuola e ho notato che la mia maestra era un po’ nervosa, anche se non so davvero cosa voglia dire questa parola. Si arrabbiava molto più facilmente quando qualcuno di noi urlava o correva in classe, quando non ascoltavamo e continuavamo a fare quello che volevamo noi.Così ho pensato di farle un disegno: un cuore rosa con un cerchio nero attorno. Mi sono avvicinato e le ho detto “Questo disegno è per te, perché tu ci ami sempre, anche quando sei nervosa”. Ho visto il viso della maestra rilassarsi e il suo respiro calmarsi. Forse ce l’avevo fatta a far tornare il sereno. Io lo so che la maestra ci vuole bene, per questo, a volte, non ci comportiamo benissimo a scuola: ci fidiamo di lei, sappiamo che nonostante tutto non ci abbandonerà mai e qualsiasi cosa succeda lei è qui per noi. Ce lo ripete spesso, perciò noi la prendiamo alla lettera.”
La scorsa settimana in classe un* bambin* di 6 anni mi ha regalato un disegno: un cuore rosa con un cerchio nero attorno. Le sue parole sono state: “Questo disegno è per te. Perchè tu ci ami sempre, anche quando sei nervosa”. Una secchiata d'acqua gelata, uno squarcio, sentirmi una vera e propria cacca. Mi ha detto questa frase con la leggerezza che sono un* bambin* conosce.
Non appena mi sono accorta di quello che mi voleva comunicare, presa dal momento, ho fatto la cosa peggiore che potessi fare. Ho risposto “Certo che vi voglio bene sempre, ma a volte mi fate arrabbiare”. Ho sentito il bisogno di giustificarmi subito per il mio nervoso, di far sentire colpevoli loro e non me stessa, sono scappata dalle mie responsabilità.
E invece avrei dovuto solo stare zitta, mordermi la lingua e prendere atto del fatto che fossi stata smascherata. Avrei dovuto chiedere scusa, dicendo che spesso il mio nervoso e la mia rabbia non sono colpa loro. Che a volte non sono capace di gestire e regolare le mie emozioni, ma, totalmente da incoerente, mi aspetto che loro siano in grado. Che ho sbagliato, alla grande. Avrei dovuto pensare a tutte le belle parole che leggo sui libri, a tutto quello che ascolto durante le formazioni. E, invece, ho fallito miseramente.
Ci ho messo un po’ per scrivere queste righe, avevo bisogno di masticare e digerire a pieno quello che mi era successo, per poi restituirlo sotto forma di riflessione. I bambini sentono, percepiscono e vivono ogni nostra emozione. I bambini sanno, conoscono, colgono, anche la più piccola sfaccettatura. I nostri occhi lucidi, un'alzata di sopracciglia, gli occhi al cielo, la fronte corrugata. E cercano di dare una spiegazione alla realtà che stanno vivendo e vedendo, a modo loro e con i mezzi a loro disposizione. A volte, durante momenti in cui noi non sappiamo gestire rabbia e nervoso, cercano di riportare equilibrio e allentare la tensione con un sorriso, una parola, un gesto (“Quando lo sgrido, mi ride in faccia”).
A me questo episodio ha permesso di tornare con i piedi per terra: stavo avendo troppe aspettative, troppe pretese nei loro confronti. E allora ho fatto un passo indietro. I bambini si fidano di noi e sanno che possiamo essere il loro porto sicuro. Per questo motivo si lasciano andare, si comportano, a volte, in maniera disfunzionale, attirano la nostra attenzione, ci portano al limite. Perché, in realtà, sanno bene che, nonostante tutto, noi non li abbandoniamo mai e davvero “li amiamo anche quando siamo nervosi”.